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Month: March 2020

Il saggio. Lettura di un’immagine di Paola Fiori

Saggio. Di Paola Fiori


L’immagine mostra una serie di volti infantili. Intenti ad osservare qualcosa che avviene sulla destra, forse un saggio di danza, come suggerisce il titolo. L’espressione dei loro volti non mostra tanto divertimento quanto coinvolgimento, tensione ed una concentrazione quasi sofferta ed estatica. Tra loro, (il momento decisivo!) per un istante lo sguardo di una bambina abbandona lo spettacolo in corso e si fissa, in apparenza divertito, sul fotografo; è uno sguardo che ingaggia una relazione con il fotografo e, in subordine, con noi. Un aura di luce sembra avvolgere i volti dei tre bambini in primo piano al centro dell’inquadratura estraendoli e proiettandoli in avanti.
Sul piano plastico notiamo come l’uso del bianco nero accentua la forza delle espressioni sui visi, comprimendo verso i neri gli altri elementi della scena. La lieve riduzione della nitidezza sottolinea l’atmosfera un po’ fiabesca della foto.

L’inquadratura presenta un’asse di simmetria centrale ben riconoscibile ma pronunciatamente inclinato verso sinistra, al tempo stesso sono presenti elementi compositivi che conferiscono un forte dinamismo alla scena.

L’insieme dei volti forma una serie di rime eidetiche (evidenziate dai cerchi chiari nello schema a destra in basso) ben allineate lungo la griglia dei terzi e lungo le linee diagonali che conferiscono dinamicità all’inquadratura. Il volto tagliato all’estremità sinistra nulla toglie alla costruzione della fotografia e del racconto.  I volti delle tre bambine in primo piano sono collocati ai vertici del rettangolo aureo, il rettangolo interno della griglia dei terzi. Una composizione efficace e ineccepibile. Esemplare viene da dire.

Ancora, i volti dei cinque bambini in primo piano sono inscritti in una circonferenza, un cerchio ideale di coinvolgimento e coesione emotiva, a fare da satelliti a questo pianeta due volti più distanti, a sinistra e a destra. il diametro della circonferenza si prolunga fino a raggiungerli, unendoli al gruppo. L’asse  mediano del cerchio e il diametro risultano  angolati con decisione rispetto ai bordi della fotografia. Non un difetto bensì un esempio classico di inquadratura “olandese”, una scelta efficace per sottolineare la tensione dipinta su quei volti.

L’angolo olandese o piano olandese (Dutch angle o Dutch tilt) è una tecnica di ripresa usata nel nel cinema, in fotografia e in altre arti visive, che si ottiene con una decisa inclinazione laterale della macchina da presa o della fotocamera durante l’inquadratura, in modo che l’orizzonte risulti in diagonale rispetto ai bordi dell’immagine. Tale tecnica, introdotta agli inizi del ‘900 dal cinema espressionista tedesco, viene utilizzata quando si vuole rappresentare una situazione di disagio, tensione, alterazione dello stato di coscienza o squilibrio psicologico. Sul finire degli anni ’30, la tecnica fu adottata dai cineasti di Hollywood, che la ribattezzarono Dutch angle, facendo confusione tra la parola tedesca Deutsch, che significa “tedesco”, e la parola Dutch, che in inglese significa “olandese”.È nota in inglese anche come german angle, canted angle e Batman angle e in francese come plan débullé o plan cassé.

La direzione degli sguardi, salvo due eccezioni, ci porta da sinistra a destra con decisione, lasciando intuire come il centro dell’attenzione si trovi al di fuori dello spazio rappresentato. Siamo perfettamente consapevoli che, fuori dai confini dell’inquadratura il mondo continui e si svolga qualcosa di essenziale. Una inquadratura decisamente attiva, secondo la definizione introdotta da Stephen Shore, di cui abbiamo parlato spesso nei corsi di linguaggio.

Il “punctum” nella foto. Barthes, ne “La Camera Chiara” introduce un concetto: il Il punctum, in cui si materializza l’aspetto emotivo, ove lo spettatore viene irrazionalmente colpito da un dettaglio particolare della foto. Non è evidente in ogni foto e spesso è un elemento personale ma, in questa foto è immediatamente identificato negli occhi della bambina che guarda verso di noi. Un elemento di forte ingaggio e coinvolgimento.

Nell’arte quattrocentesca una figura era quasi sempre presente nelle rappresentazioni teatrali e pittoriche, il cosiddetto Ammonitore o “festaiuolo”, solitamente un cherubino o un angelo che, guardando verso il pubblico doveva fare da mediatore tra il mondo reale e quello rappresentato. Un esempio per tutti, a fianco all’immagine di Paola, una raffigurazione della Vergine fatta da Botticelli.

In tempi recenti, l’introduzione di questa figura nell’arte ha assunto il senso di un richiamo all’autore, quasi come se la figura dell’ammonitore (il festaiuolo), o di altre figure assimilabili, fosse stata usata dagli artisti per implicare anche un altro protagonista di primaria grandezza (oltre allo spettatore), seppur invisibile agli occhi.

Il piano mentale. L’autrice pone un punto di ancoraggio nel titolo della fotografia: “Il Saggio” vincolando così lo spazio della nostra fantasia e completando la sua descrizione.  Resta l’interrogativo Cosa? Cosa accade che, al di là della gabbia della inquadratura, suscita tanta tensione e, in qualche volto, quasi sofferenza ed estasi? Anche qui, sembra di trovarsi di fronte al mistero del sacro e del magico, come mostrato nell’immagine di Botticelli e in tante altre rappresentazioni dell’adorazione.

Come sempre, grazie a Paola  per averci dato questi spunti di riflessione.

Bruno Manunza

bruno@antasfoto.net

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Figure nel mistero. Commento ad una fotografia di Estella

Analisi di Senza Titolo, di Estella.

  • Il piano figurativo. Poiché la fotografia è proposta tramite la rete, il piano fisico è dato per scontato e piano; su di esso l’autore non ha margini per intervenire. L’analisi quindi inizia dal livello dei contenuti. La foto è a colori, senza evidenti modifiche dei colori originali. Una figura apparentemente infantile, un bambino?, con indosso una giacca gialla con cappuccio, si staglia, nella parte alta del fotogramma, contro un rettangolo di cielo azzurro. Guarda in camera. Ai suoi piedi una lunga striscia di mattonelle forma una sorta di passerella che si estende per i 5/6 del fotogramma guidando dal margine basso sino al soggetto in alto. Alla destra del soggetto, le sagome di due lampioni sembrano echeggiarlo. La luce decisa proviene dalla destra, bassa, e mette in evidenza la scultura delle mattonelle accentuandone la sensazione di consistenza.
  • Il livello plastico, piano visuale. L’immagine presenta una forte simmetria bilaterale con destra e sinistra che si specchiano l’una nell’altra. Fa eccezione la presenza dei due fanali in alto sulla destra e l’asimmetria delle ombre, la scena infatti è illuminata con decisione dalla luce solare proveniente da destra. Orizzontalmente l’immagine  è divisa in due fasce, la parte bassa, con il tracciato delle mattonelle, che assume il tono caldo della luce solare; la parte alta, un sottile rettangolo azzurro, contrasta in maniera decisa, con il suo tono freddo. In questo campo il soggetto vestito di giallo crea un ulteriore motivo di contrasto che ne evidenzia la presenza. Le linee guida dei terzi (in rosso) separano tre bande verticali e tre orizzontali che corrispondono con buona approssimazione alle demarcazioni suggerite dagli elementi presenti. Con maggiore forza, le divisioni nella griglia della proporzione aurea (verde) stringono sulla fascia verticale  centrale, quella contenente il soggetto, e riprendono le forti demarcazioni visibili sul tracciato del pavimento. In questa ripartizione di spazi il rettangolo del cielo divide a metà il riquadro alto. Tutto considerato un posizionamento felice degli elementi della scena.

 

Le linee guida. La nostra attenzione è portata verso il soggetto dal percorso delle fughe prospettiche sul tracciato della pavimentazione. Queste producono una serie di linee di forza convergenti sul soggetto. Lo spazio nell’immagine è fortemente recessivo e ci trascina verso l’estremo alto, grazie ad una scelta appropriata del punto di presa. L’immagine in questo modo si caratterizza per il suo forte dinamismo.

Rime eidetiche, o rime visive. La solitudine del soggetto, che si presenta come un segno verticale isolato nell’asse mediano, è attenuata da due elementi verticali, due lampioni, che, a breve distanza, gli fanno il verso, compagni inanimati che danno la sensazione di osservarlo da presso.

  • Il piano mentale. L’immagine pone degli interrogativi che sembrano senza risposta. Le prime cose su cui la mente si interroga, osservando una fotografia, sono normalmente il quando, il dove, il perchè. La presenza forte della figura in alto nell’inquadratura, unica ed una, isolata ed evidente, che guarda verso di noi determinando coinvolgimento sembra sollecitare risposte. Una massima del giornalismo americano, insegnata a tutti gli allievi delle scuole, recita che ogni notizia deve rispondere alle cinque W: who, where, when, what e why: Chi, dove, quando, cosa e perchè. Abilmente il fotografo ci sottopone con forza questo corollario di domande lasciando a noi un tentativo di risposta, mostrandoci un mondo arcano, solitario, regolare e artificiale privo di qualsiasi elemento naturale, di interazioni edi azioni. Un mondo sospeso nel tempo, e suggestivamente mentale.  Il richiamo forte è all’arte metafisica e ai cantori della solitudine, De Chirico, Hopper… Viene quindi naturale l’associazione seguente con “Il grande metafisico” un dipinto di De Chirico del 1971. Grazie ad Estella per averci suggerito queste riflessioni.

Bruno Manunza.

 

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Volatori. Commento ad una foto di Fabrizio

Salve a tutti, profittando del tempo a disposizione, comincio a sviluppare un’idea che ho in mente da un po’: commentare qualcuna delle foto che postate nel gruppo. Spero l’idea non vi dispiaccia e, magari. vi incoraggi a esporvi. E’ un lavoro che ho già fatto in passato con qualcuna delle vostre foto e lo riprendo volentieri.

Comincio con la foto postata da Fabrizio qualche giorno fa. Seguiranno le altre. Se a Fabrizio non spiace posterò l’immagine nella pagina e nel blog di Squolafotografica, così che possa eventualmente condividere il commento. Cosa impossibile da questo gruppo.

  • Cominciamo con il livello figurativo: due elementi facilmente riconoscibili si stagliano in un campo omogeneo azzurro, il cielo. Un grande uccello in volo planato esibisce la sua silhouette accompagnando la sagoma di un a persona e del suo paracadute, anch’essi apparentemente in volo librato. Pochi elementi per un’immagine minimale ma densa di contenuti.
  • Il livello visuale o plastico. La foto presenta una cromia ridotta ai toni del blu, del nero, con un intromissione di toni molto caldi sull’ala del paracadute. Un minimo di toni che produce un contrasto cromatico pronunciato e sostiene l’attenzione e la tensione emotiva. Le due figure significative, l’uccello e l’uomo con il suo paracadute delineano tre diagonali che dividono il fotogramma in spazi pieni e vuoti a forma di trapezio che si ribaltano uno nell’altro creando simmetria nella scena.

  • gli elementi  nella foto, inoltre appaiono rispettare i classici canoni della proporzione aurea, collocandosi con buona approssimazione nel punto di attrazione della spirale, una soluzione questa, consapevole o meno, che denota un discreto gusto nel fotografo e sostiene bene il racconto.

  • Ben osservata anche la regola dei terzi con la figura dell’uono collocata lungo il terzo alto e l’ala del paracadute che percorre il terzo di sinistra mentre l’uccello approssima bene l’incrocio tra le linee alta e di destra dei terzi. la linea che unisce l’uomo al suo paracadute corre parallelamente alla diagonale discendente favorendo la sensazione di una discesa o di uno scivolamento verso il basso mentre l’uccello sembra quasi stazionario lungo la diagonale ascendente. Questo, in qualche modo sembra stabilire una gerarchia e contribuisce alla narrazione.

  • Sempre sul livello visivo va notata la presenza di una rima eidetica prodotta dalla ripetizione delle figure delle ali nei due soggetti. Questo fa entrare in gioco un’altra figura retorica importante e forte: la ripetizione.
  • Il piano mentale e le associazioni. L’immagine è giocata su alcuni contrasti, quindi la principale figura retorica associata è l’antinomia, giocata sul contrasto tra grande e piccolo, naturale e artificiale, uomo e animale, volatore e non volatore. Questo apre naturalmente lo spazio all’immaginazione del lettore. Una facile associazione è richiamata nella cultura occidentale dalla sfida rivolta da Icaro alla natura e in questa immagine l’associazione è richiamata con forza se si ripensa ad alcuni dipinti classici che raffigurano la leggenda di Icaro e Dedalo. Nell’immagine di seguito riprendo la rappresentazione realizzata nella bottega del Tintoretto attorno al ‘500.

Vi ringrazio e ringrazio Fabrizio per avermi dato l’occasione di questa lettura.

Bruno Manunza

 

 

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